Sotto il segno  del sol levante

Sotto il segno del sol levante

Il logo Nissan

Intervista con David Bihanic

Designer e docente
presso l'Università di Parigi 1 Pantheon-Sorbona

N. 1: Come designer e ricercatore con una vasta esperienza in progettazione e concept grafico, potresti dirci quali sono i principi guida e/o i fattori chiave che devono essere seguiti e applicati per creare un "buon" logo? Per prima cosa, puoi dirci esattamente cos'è un logo? Affinché sia un logo "efficace" o di successo, deve essere semplice, schematico...?

David Bihanic: Ciò che occorre ricordare quando si crea un logo, che è solo uno dei molti "elementi" nell'identità e nell'universo di riferimento di un particolare marchio, è che rappresenta un segno "forte" e che, per ottenere e mantenere un certo significato visivo nel tempo, richiede una "riduzione grafico-visiva" sempre maggiore. Un segno, ovvero la natura "tipica del logo", è allo stesso tempo ciò che "sigilla" o stabilisce la rappresentazione dei valori chiave di un marchio e lo contraddistingue, differenzia, discerne, per così dire, dai suoi vicini e/o concorrenti. Inoltre, insieme all'evoluzione culturale del quadro di riferimento da cui l'identità visiva di un marchio "attinge" (ritorneremo su questo aspetto in seguito), un logo, per rimanere un segno forte, deve evolversi nella direzione della semplicità. Il raggiungimento di questo obiettivo è la garanzia della vera sostenibilità del marchio nel tempo. Un logo è costituito da almeno due elementi che possono o meno essere associati tra loro: un "timbro grafico" e un "nome o etichetta testuale" (il titolo del marchio), ai quali può aggiungersi una "baseline" o "frase chiave" che agisce da "slogan". Sono possibili più combinazioni1: l'etichetta "testuale" può essere posizionata all'interno del timbro grafico oppure sormontata da esso, ecc. Questa stessa etichetta "testuale" può esistere anche da sola, con un lavoro grafico incentrato specificamente sulle lettere (creazione o composizione tipografica nell'alfabeto originale). Lo stesso vale per il timbro grafico che non sempre richiede la compresenza di un'etichetta "testuale". È comune che un logo composto da un timbro e da un'etichetta si evolva a partire dal momento della sua creazione attraverso una "riduzione", "eliminando" uno dei suoi due componenti. Prendiamo, ad esempio (ma ce ne sono altri), i loghi Nike e Starbucks, che si sono notevolmente evoluti verso una riduzione che, in questo caso, è di natura "soppressiva".

N. 2: Hai menzionato l'importanza o l'impatto di quello che chiami il "quadro di riferimento" di un'identità visiva. Si tratta di un riferimento correlato alle influenze e alle tendenze specifiche di un'epoca?

David Bihanic: In effetti, oltre alla riduzione che ho appena menzionato, ogni logo, nella misura in cui rappresenta una sorta di "componente elementare" dell'universo di identità di un marchio, è come se fosse "bloccato" all'interno di un quadro di riferimento culturale e stilistico, quindi in linea con una particolare era. Colori, lettere (corpo del testo, dimensioni del font, scelta tra "maiuscolo" e "minuscolo"), texture, spessore dei contorni, ecc.; tutti questi attributi grafico-visivi che compongono il design di un logo sono il risultato di influenze esterne, che spesso sono specifiche del settore "aziendale" e delle "tendenze grafiche" momentanee. Di conseguenza, nel corso degli anni, un logo cambia, si trasforma, muta inevitabilmente (e a volte radicalmente) per adeguarsi ai nuovi "mood" del presente. Questi cambiamenti a volte hanno un impatto abbastanza significativo sulla sua forma grafica, ma non influiscono o modificano (se il marchio è abbastanza "forte") il signum (in latino), in altre parole il suo "imprinting", il suo "sigillo" o nuovamente il suo "simbolo" (per così dire). A meno che non debba essere rivisto l'insieme dei valori, il modo in cui il logo resiste al passare del tempo definisce ciò che viene comunemente chiamato "il DNA di un marchio". A questo aspetto dell'identità non si deve mai rinunciare quando si aggiorna un'identità visiva, tranne che per segnalare2, ad esempio, un cambiamento radicale nella gestione o nella direzione aziendale, ovvero in caso di riposizionamento del marchio". Oltre a questo tipo di "cambiamento" importante, il signum dellogo deve rimanere forte e resistere alla prova del tempo. È proprio lì che risiede la "garanzia di fiducia".

N. 3: In base a ciò che hai appena sottolineato (cioè la complementarità del lavoro di "riduzione grafica" in relazione a un "quadro di riferimento culturale e stilistico"), come percepisci gli sviluppi del logo Nissan? Li trovi convincenti e di successo? Oppure, cosa più importante, pensi che riflettano un "segno forte" sopravvissuto nel tempo?

David Bihanic: A questo proposito, mi sembra che logo del marchio Nissan sia piuttosto esemplare, in quanto dimostra che, nonostante o a causa di una storia fatta da molti "colpi di scena", il segno deve essere in grado di evolversi, attraverso la riduzione (n. 1) o l'aggiornamento (n. 2), talvolta trovandosi deviato o decentrato rispetto al suo punto di origine, senza tuttavia essere privato del suo DNA originale.

2001 - 2020

Ad esempio, il logo del 2001 era in linea con la tendenza del tempo e comune a quasi tutte le case automobilistiche: estrusione 3D o bassorilievo, con un grigio metallizzato per un effetto ombra e riflesso, ecc. In quel modo il logo aveva ristabilito il suo "scheletro" di base ed era quindi pronto per progredire serenamente in termini di "riduzione grafica".Questo è ciò che è accaduto tra il 2001 e il 2020.

La versione più recente del logo sottolinea attraverso "linee sottili" la fusione tra il "testo" e il disco. Il logo è ora su un singolo livello. Questo è il segno forte di un marchio che, seppur testimoniando la sua storia, è ora più che mai aperto al futuro.

  1. Ad esempio, i loghi dei marchi Elf e Pepsi hanno costantemente variato le combinazioni "timbro + etichetta".
  2. nel segno, di nuovo.